Si diceva di mia zia Anna.

Che in una chiesetta nascosta di un paesino delle Murge, alle luci dell’ alba, sposò l’amore della sua vita, a dispetto di tutto e tutti.

Tornò al paese da sposata, la bella Anna, e si installò in un appartamento grande e luminoso all’ultimo piano di un palazzo alto alto, così alto che in paese cominciarono

a chiamarlo “u grattaciil “, il grattacielo.

Una penthouse, si direbbe ora, in termini moderni.

Allora era solo simbolo di una agiatezza nuova e inaspettata, una agiatezza che come una grande fontana elargiva  i suoi spruzzi a tutti quelli che le passavano

accanto.

Una agiatezza nuova, strana e inconsueta, visto le modalità, visto il background, visto la situazione.

La penthouse, l’auto enorme, la villa al mare. Le terre.

Potrebbe stare a casa, e farsi servire, e invece no.

Potrebbe ricoprire il ruolo che la società maschilista assegna ad una donna a quei tempi, moglie, custode del focolare, madre.

E invece no. Oppure si, anche, ma a modo suo.

Soldi o non soldi, lo spirito rimane quello della ragazzina che stracciò il compito e ne buttò i pezzi in faccia alla commissione.

Instaura dall’alto dell’appartamento la sua personale versione di emancipazione.

Pretende, rivendica e il quartier generale  da cui impostare un nuovo ruolo di donna.

Moglie,certo, Ma non convenzionale. Moglie di un marito, non convenzionale anche lui.

Donna lavoratrice,  maestra, a tempo pieno, una delle prime.

Guida una enorme Fiat verde, con cui va a controllare la campagna,va a scuola, e in giro, sola il più delle volte.

Una donna sola, alla guida. Una donna con la sigaretta incollata alle labbra, mentre guida, cucina, amministra.

Eh,la maestra, dicono in paese. 

Il marito abbozza, l’importante è lavorare, amministrare le ricchezze e godersi la vita. Con quella moglie bella, volitiva, fortissima a fianco.

Con lui  Anna comincia una esistenza parallela al piccolo paesino in cui è situato il grattacielo.

Una esistenza da romanzo rosa, cene, veglioni di Capodanno,feste, amici “forestieri”,vestiti, gioielli, pellicce.

Viaggi fantastici e improbabili, crociere nei fiordi norvegesi, viaggi a Nuova York.

Vacanze invernali sulle Dolomiti, vacanze estive in una villa con un patio enorme e la piscina e il campo da tennis.

Una vita piena, vissuta, imprevedibile, da jet set ante litteram.

Se non fosse che Anna, vestita di gioielli , sete e pellicce, non si scorda da dove arriva.

Dal suo osservatorio di regina indisturbata a capo del suo impero, osserva quelle case popolari piccole e modeste ,e i suoi abitanti.

Basta sedersi sull’immensa terrazza della penthouse al sesto piano e li vede benissimo.

Piccoli, tanti , escono come formiche da queste casette radunate intorno ad un giardinetto con la Madonnina in mezzo.

Piccoli, tanti, lavoratori, pochi soldi, tanta fame. Alcuni analfabeti, alcuni al massimo la quinta elementare e via.

Sono famiglie del dopoguerra, pochi sogni, tanti figli.

Alcuni si fermano ogni tanto, alzano il viso verso il grattacielo, e la vedono, seduta sul terrazzo.

Sono suoi fratelli, le sue sorelle, i suoi nipoti. Alzano il viso, e godono sentendo sulla pelle gli spruzzi d’acqua di quella grande fontana chiamata agiatezza.

Ma questa è un’altra storia e ve la racconto un’altra volta.

https://www.youtube.com/watch?v=50Chu_nhRVM