Ti rendo l’ onore delle armi, mia acerrima nemica.

Ti rendo l’ onore delle armi e celebro la tua vita, corta, contorta, sfortunata.
E mi passano davanti tante immagini, come flashbacks o meglio come pezzi di un puzzle che non avevo mai capito, che ho capito troppo tardi, o forse che non capirò mai.

Eravamo in guerra tu e io. O meglio, tu eri in guerra con me.

Una guerra sotterranea la tua, una guerra sottile come una goccia che logora la pietra.
Una guerra sostenuta e alimentata dal bisogno di controllo, dal potere che il controllo da’.
E il controllo, lo esercitavi con tutti gli strumenti a tua disposizione.
La religione,usata come una scusa per affermare la tua volonta’, le tradizioni, imposte e riaffermate come se fossero in via di estinzione , gli usi e costumi spinti così tanto a forza in gola che uno non poteva fare altro che rigettarli..
L’ accerchiamento del nemico, il fargli terra bruciata intorno, il minare decisioni, certezze, accordi, il prendere tempo. Questa la tua tattica.
Io reagivo a questo tuo modo di fare, con rabbia, temperamento, e con tutta la forza di cui ero capace, sostenuta da quello che in realta’ era il vero bersaglio di tutto questo brigare, l’ anello che ci univa e ci divideva allo stesso tempo.
Questo anello che, forse perche’ di quel controllo ossessivo ne aveva abbastanza da decenni, non sembrava accorgersi di te, anzi ne faceva quasi un vanto di bistrattarti, ignorarti, prevaricarti, umiliarti. A ogni pie’ sospinto.
E piu’ l’ anello ti metteva in un angolo, piu’ tu resiliente continuavi imperterrita.

Un circolo vizioso e folle in cui sono finita.
Ago della bilancia, capro espiatorio, e poi, dopo, ambasciatore di pace.

Perchè per quanto me ne avessi fatte di cotte e di crude, fossi andata a scavare in cose dolorose e sacre come il nome di mia madre, in nome del tuo Dio, delle tue usanze, ( ma in realta’ in nome dello sconfinato bisogno di affermazione, di attenzione), non riuscivo a condividere la maniera in cui si tentava di arginarti.
Non condividevo e cercavo di difenderti sempre, cercando scusanti, giustificando il tuo comportamento dandoti il beneficio del dubbio, salvo scoprire che ancora una volta, la guerra era ricominciata.
E la voce beffarda mi diceva: “Te l’ avevo detto!”
In tutto questo panorama kafkiano di infanzie difficili, genitori parzialissimi sordi nelle orecchie e un po’ nel cuore, figli e figliastri, il soldo come moneta corrente di negoziazione, la lite come arma per reclamare il bene, ruggini ante litteram e cicatrici fresche tentativi di riconciliazione falliti o non, con l’ anello che ci univa sempre a separarci, ribadire la sua sfiducia in te e a fomentare equivoci….

una certezza che quella si, veramente, ci univa.

Il piu’ grande amore della nostra vita. Lia.

 

E in nome di questo grande amore, preteso, visto come una occasione di redenzione, di conquista, di nuova vita,io abbassavo le armi, e riconoscevo le tue doti. 

Tantissime, in un altro contesto, un’ altra epoca, un altro luogo, saresti diventata grandissima. Il tuo grandissimo senso per il dettaglio, per l’organizzazione, per ” getting things done” .

Solida nel risolvere qualsiasi tipo di problema pratico, in contraddizione con il caos dove dormivi. Intelligentissima, articolata, stratega.
L’ amore per le cose belle, delicate, che strabordava in una ossessione compulsiva per lo shopping firmato in tutte le occasioni.
La voglia di vivere stramba, due giorni fa ancora a cercare occhiali da sole e pigiami estivi da Amsterdam.
Il tuo attaccamento a noi, fanatico e compulsivo.
A voler essere parte per forza delle nostre vite, di quelle dei nostri amici, delle nostre famiglie allargate.
E poi Lia.
L’ unica, la sola e la migliore con l’ attenzione fanatica, per ogni piccola esperienza della nostra Lia, come a voler essere parte della sua vita a tutti i costi.
I party bellissimi organizzati a puntino in tutti i dettagli, per la gioia di noi 5, perchè gli altri li avevi alienati, e il sesto si alienava da solo sbeffeggiandoti.

I regali abbondanti, pensati, spediti, a dispetto della disapprovazione sorda e violenta che ti arrivava contro alla prima richiesta di partecipare alla gioia di Lia che li scartava,
Non ti interessava tutto questo, valeva la pena,.
Perchè quella era la tua chance all’ amore vero, puro, non contaminato.
E queste tue doti, questa tua resilienza, l’amore grandissimo per l’ altra parte del mio cuore, io le riconoscevo, e ti difendevo, e ti aprivo, ancora una volta il mio.
Avevamo sprazzi in cui fondamentalmente ci dicevamo che in fondo non eravamo tanto diverse, e ci spalleggiavamo, e la guerra la facevamo insieme.
Presenziavo con entusiasmo i tuoi parties a tema con 5 invitati, sostenevo le tue improbabili business adventures, ne avevi una alla settimana, (ma diciamocelo, non avevi la costanza per andare in fondo), mi sorbivo con pazienza i 40 messaggi al giorno su cose varie di cui mediamente non mi interessava nulla, e tu lo sapevi, e me ne eri grata.
Fino a quando le tue doti, l’ amore per Lia non era piu’ abbastanza, il caos, le tradizioni, la religione, il controllo ,il cibo e lo shopping sostituto della comunicazione come una droga ritornavano come un caterpillar, e io ero di nuovo armata.
Armata da urlarti contro, però se l’ anello ti umiliava, no, li’ non ci stavo.
Che schizofrenia, che dramma kafkiano, che ADD spinta all’ ennesima potenza. La paura di avvicinarsi a qualcuno per non essere aggrediti. la ricevevi e la creavi.

E io in mezzo, col passare del tempo, sempre piu’ investita del ruolo di paciere.

Poi ti sei ammalata, e li, la guerra tu e io l’ abbiamo fatta insieme.

Fino a quando hai deciso di fare di testa tua, come sempre, di non abbandonare il controllo, le cattive abitudini, il cancro emotivo che ti mangiava da dentro da sempre, questo veleno che ti arrivava addosso e tu sputavi indietro.
Mi sono molto arrabbiata quando ho scoperto che era tornato, non per colpa tua, e che era incurabile nel tuo stato fisico (e quello,certo, era colpa tua,).
Ma poi, come sempre in questi 13 anni, la ruota e’ girata, e io, da nemica, mi sono messa dalla tua parte, facendomi carico della tua fragilita’ fisica, emotiva.
Ad ottobre tutto questo e’ sbocciato.
Mi hai chiesto di perdonarti, di perdonare, di capire.
Mi hai parlato col cuore in mano,non delle solite cose sceme o cattive, di cose vere, finalmente, perche’ sapevi che ormai era questione di settimane.
E io ho capito. Si, ho finalmente compreso che il bisogno di essere amati ci fa diventare a volte crudeli, egoisti, spietati, disperati. Lo so.
Mi sono riconosciuta in te, e ho promesso a me stessa, vedendoti in un letto d’ ospedale da sola: You will be loved.
E così e’ stato, il grembo dove poggiavi la tua testa il mio, gli abbracci (Nessuno mi tocca, mi dicevi, nemmeno la mia stessa madre) i miei, le nottate a cucinare, tentare di mangiare, vomitare, parlare, ridere, piangere, le nostre.

A inventarci cose da fare tutti i giorni, sapendo che erano gli ultimi.

Tutto con Lia, per la sua gioia e per la tua.

Lovemysibling scrivevi.

E non avevi il coraggio, pur sapendo che era la fine, di dirglielo in faccia, che tanto ti avrebbe riso dietro.
Uno scricciolo di 25 chili con una volonta’ di ferro e uno spirito lucido, indomito, battagliero,bipolare, pazzo, dolcissimo, solo, disperato.
Intorno a te, la follia kafkiana,i sordi, i deboli, i poveri, gli sperduti, i forti per necessita’, i privi di empatia, i prevenuti, i giustizieri, quelli in denial, e … io.
Io che piango cucinandoti il polpettone, dandomi un contegno borbottando per l’ uso smodato di Coca cola e di zucchero ( che ti ha ucciso, ma tu niente imperterrita), e tu che ridendo mi dici :

“Bitches dont die” . Le stronze non muoiono.

E consoli me, salvo abbracciarmi e dire: sono stanca.
Io che ti guardo impartire lezioni di vita a Lia :

“obbedisci a mamma, ricordati di circondarti di cose belle e di armonia nella vita”.                                         E soprattutto:

“se un giorno ti diranno che non ci siamo amati, noi, non ci credere, perche’ e’ vero il contrario”

Tutte le cazzate, le contraddizioni, Gucci, Prada, il libro sacro, il byriani di default, le urla a quei poveri due sperduti figuri ,tutto sparito.

Solo parole dal cuore. Solo l’ amore era rimasto.

Lasciandoti ti ho promesso ancora una volta, di non dimenticarti e di tener viva la tua memoria in Lia.
E cosi`faro’.
Alle memorie di una guerra durata 13 anni, contrappongo la verita’ di quello che ora so.
Al veleno che mi gettavi contro, contrappongo l’ amore che sempre e per sempre sentivi per me, per noi 3.
Ai rimpianti per una vita perduta, talenti buttati , religione oppio dei popoli e strumento di controllo, se e ma , contrappongo nuove consapevolezze.
La religione può essere uno strumento cattivo di potere, ma la fede, quella, e`la luce che brilla nello spirito umano.
Voglio ricordare i tuoi palloncini nella sala da pranzo prima di andare in ospedale, tutti per Lia.
Le torte meravigliose, i party fantastici.
Il chiacchiericcio intenso e le tue risate.
I rusks, le improbabili imprese, il caos della tua stanza.
Il calore delle tue parole a Lia, e l’ abbandono del tuo corpo stretto al mio.
Le stronze non muoiono dicevi, e cantavi con Lia “Girls just want to have fun”.
Quello ricorderò fino a quando non ci incontreremo di nuovo.
Non ci sono condomini in Paradiso, c;è solo luce, spirito, amore.
E l’ amore è ciò che resta.
A te l’ onore delle armi, mia nemica amatissima.